Stabilire date storiche sicure circa la presenza umana sulla Penisola Salentina (nota anche come il Tacco d’Italia) è difficile, perché le testimonianze e le fonti scritte pervenuteci dal passato sono esigue. Sappiamo però, dagli strumenti di selce e calcare rinvenute in alcune caverne del Capo di Leuca, che gli uomini e le donne cominciarono ad abitare già circa 80.000 anni fa nelle grotte di origine naturale sparse sul territorio del Salento. Doveva trattarsi dunque di uomini e donne di Neanderthal, cui si sostituirono circa 35.000 anni fa i e le Sapiens Sapiens, che avevano tecnologie più avanzate e l’abitudine a vivere in gruppi sociali più articolati. La Grotta delle Veneri di Parabita ha restituito due statuine in osso che testimoniano la presenza di un culto della fertilità e si fanno risalire a circa 18.000-25.000 anni fa: la Dea Madre raffigurata in questi manufatti presenta i caratteri sessuali – seni e ventre – molto pronunciati. Da qui, Veneri, A Ostuni è stata ritrovata Delia, la più antica madre che si conosca, giacché conserva in grembo i resti di un feto in fase terminale e risale a circa 25.000 anni fa. Un ritrovamento di eccezionale importanza, visto che si tratta degli unici consanguinei noti del Paleolitico e dell’intera preistoria umana. Il Paleolitico e il Neolitico sono ulteriormente documentati da graffiti, pitture, manufatti, resti umani e faunistici conservati, anche in questo caso, nelle numerose grotte che punteggiano la Penisola. Degni di nota sono anche i cicli pittorici e le incisioni della Grotta Romanelli a Castro e della Grotta dei Cervi a Porto Badisco, cicli che hanno fornito notizie importanti per decifrare la complessa sacralità dei luoghi e la spiritualità di quelle genti primitive. L’attuale terzo millennio si è aperto simbolicamente con una scoperta sensazionale. Nel febbraio 2001 è stata ritrovata a Carpignano Salentino una sepoltura neolitica unica nel suo genere: la prima tomba a grotticella del tardo Neolitico rinvenuta intatta in Italia Meridionale.